Nelle giornate di vento, quando tra terra e cielo le nuvole mutano forma e il fragore delle onde prende a schiaffi il silenzio, il mare riprende il suo lavoro di ricamo lungo le coste, mentre di nascosto si intrufola tra le rocce e con lento e paziente lavorio scava grotte, intaglia rocce come fossero scrigni dove custodire il suo testamento. Se scientificamente le spunnulate sono cavità di origine carsica originate dall’azione chimica e meccanica delle acque, per i nostri sensi costituiscono un’opera d’arte in continua trasformazione.
Il carsismo costituisce uno dei principali agenti di modellamento del paesaggio, sia in superficie che nel sottosuolo, e può costituire un elemento di preoccupazione per le condizioni di stabilità del territorio. La possibilità di situazioni di dissesto connesse alla natura delle grotte carsiche naturali, o a fenomeni di degrado e alterazione riconducibili ad attività umane, ha come possibile effetto la propagazione verso l’alto delle superfici di rottura. Quando queste raggiungono il piano di campagna, si determina la formazione di sprofondamenti (sinkholes), con conseguenze dirette sull’ambiente antropizzato, le infrastrutture e le reti di comunicazione.
La strada litoranea Taranto – Porto Cesareo, frequentemente utilizzata nel corso della stagione estiva, corre in più punti al di sopra delle spunnulate. Nel 2010 è stato interrotto e deviato un tratto di carreggiata sovrastante una dolina che collega Torre Lapillo a Torre Colimena, poiché l’asfalto rischiava di cedere sotto il peso dei mezzi in transito.
Il progetto per la messa in sicurezza dei luoghi, realizzato e terminato nel 2018, ha previsto la costruzione di un ponte “a campana” sul livello della strada che attraversa la dolina, con la realizzazione di piloni d’appoggio all’inizio e alla fine del ponte.
L’attività turistica nell’area di Torre Castiglione ha portato alla costruzione di un gran numero di abitazioni a breve distanza dalla costa. In molti casi gli stessi muri perimetrali dei giardini e le strade di collegamento interpoderale risultano situati sul margine degli sprofondamenti o direttamente interessati da essi.
Dalla coalescenza (fusione) di più doline (Fig. 4a-b) si formano depressioni estese sino a migliaia di metri quadri (DELLE ROSE & PARISE, 2004); queste sono separate dal mare da diaframmi di roccia calcarea instabile e intensamente carsificata (Fig. 4c), il cui collasso (Fig. 4d) può provocare la formazione di veri e propri canali costieri (Fig. 5). Laddove la coalescenza delle doline avvenga secondo sistemi di fratture trasversali alla costa, tali fenomeni determineranno la formazione di insenature (DELLE ROSE & FEDERICO, 2002).
Il verificarsi di catastrofici tsunami, negli ultimi venti anni, ha evidenziato la necessità di rilevare le regioni costiere soggette a questo fenomeno, in particolare nel bacino del Mediterraneo. Alcuni di questi studi si sono concentrati nella Puglia meridionale, regione costiera più esposta al pericolo di tsunami perché i mari circostanti sono interessati da numerose strutture sismiche in grado di generare il fenomeno.
Sono due gli eventi tsunami più importanti che hanno coinvolto la costa ionica salentina e che sarebbero responsabili degli accumuli di massi:
5 dicembre 1456
Un evento tra i più catastrofici della nostra storia, che colpì l’Italia Meridionale dal Lazio alla Basilicata, dal Tirreno all’Adriatico, provocando più di diecimila morti. Lo tsunami non fu generato direttamente dal terremoto ma fu molto probabilmente l’effetto di un grande frana sottomarina, innescata dall’intenso scuotimento sismico lungo la ripida scarpata presente poco al largo delle coste ioniche salentine (intervista del 18.10.2012 al prof. Paolo Sansò – Unisalento)
25 aprile 1836
Lo tsunami fu generato da un forte terremoto con epicentro situato nella zona costiera di Rossano Calabro, a soli 120 km a sud-ovest della costa ionica pugliese. In entrambi i casi mancano testimonianze storiche, poiché la fascia costiera all’epoca era praticamente deserta e le uniche prove di questo evento sono gli accumuli di blocchi ritrovati ed analizzati. Qualche utile informazione storica potrebbe essere fornita da possibili danneggiamenti alle numerose torri costiere costruite lungo la costa nella seconda metà del XVI secolo, ma già abbandonate nell’Ottocento. (da “Le creste sabbiose sulle piattaforme costiere rocciose come indicatori dell’impatto dello tsunami: un’analisi multidisciplinare lungo la costa ionica della Puglia meridionale” – Geoscienze 2020).
La ricerca geomorfologica condotta lungo queste coste ha rilevato gli effetti di tsunami verificatisi nei secoli scorsi: sono i “boulders”, massi di grosse dimensioni, isolati, sovrapposti o in grandi accumuli, che sono stati staccati e trasportati per decine di metri nell’entroterra.
Non avendo le onde di mareggiate generate nei mari Ionio e Adriatico potenza sufficiente per produrre l’intaglio e il trasporto dei massi rilevati, il loro accumulo suggerisce piuttosto l’impatto di uno tsunami che ha colpito la costa meridionale pugliese negli ultimi cinque secoli, coinvolgendo presumibilmente anche l’area di Torre Castiglione.